CryptoEconomy e Islam: Fatwa al Bitcoin

Archivio, 9 gennaio 2018, Islam e cryptocurrency
Uno dei primi orientamenti con i quali l’ Islam contestualizza la cryptoeconomy, nello specifico il bitcoin come modello di cryptocurrency, è dovuta alla Fatwa espressa dal Gran Mufti egiziano, Shawki Allam in inizio d’anno.
Al fine di inquadrare sui generis il perimetro Shawki Allam, dato il curriculum, non è uno sprovveduto in materia socio-economica; Gran Mufti è una carica nell’universo sunnita, dove stato e religione non sono separati, con la funzione di fornire pareri (le Fatwa) dottrinali di conformità pratica alla Shari’ah, quindi all’Islam, rispetto i diversi aspetti economici e sociali che possono investire la società dei fedeli.
L’orientamento generale espresso da Shawki Allam è chiaramente ‘haram’, di proibizione, verso le cryptocurrency nelle loro diverse applicazioni e verso coloro che se ne servono con qualsiasi finalità. La motivazione economica principale di supporto è la mancanza di controllo da parte delle autorità e, quindi, l’assenza di regolamentazione per cui le cryptocurrency non possono essere considerate mezzi di scambio affidabili: in via derivata esse possono dare luogo a situazioni di alto pericolo finanziario per chi detiene gli asset e l’assenza di regolamentazione è fautrice di utilizzi criminali.
Il link dottrinale, a supporto della Fatwa con indicazione di haram, lo si ravvede nel passaggio che accumuna le cryptocurrency al gioco d’azzardo, quindi profitto di pochi ai danni di molti e assenza di contropartita nello scambio.
Economicamente l’adesione ai modelli occidentali di critica alle criptocurrency è totale mentre, dal lato dottrinale, il ragionamento è perfettamente lineare. Le Fatwa mutano nel tempo e non sempre sono concordanti nell’opinione espressa per cui, per ora, si prende atto dell’haram e si attende la prossima puntata.