🇮🇹Digitalizzazione da Pandemia: Benefici o Danni?
Covid-19: Calci in Avanti a Digitalizzazione Sociale e CryptoEcomomy e Calci In Faccia alla Privacy
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I Calci alla Digitalizzazione
Chi ha letto Spillover prima della pandemia (e magari lo ha riletto nel durante) sicuramente sarà d’accordo con l’affermazione per cui Covid-19 non è un Cigno Nero, così come inquadrato da Nassim Nicholas Taleb nei suoi scritti.
Ciò nonostante l’evento di ‘coda’ in questione innegabilmente è stato quello con l’impatto maggiore, e improvviso negli effetti, per il processo che in generale ricade nel fenomeno della digitalizzazione, dalla sua nascita (prima metà del ‘950) ad oggi.
Il rapido, obbligato, balzo in avanti è stato multi-ambito: ha investito il sociale e l’individuale, il pubblico e il privato, i tecno-entusiasti e i tecno-scettici senza distinzione di sorta. La causa della violenza e della velocità di impatto, e quindi la sua potente trasversalità, è che o si segue la strada della digitalizzazione forzata o si rimane isolati rispetto ai contesti socio-economici di appartenenza, sia a livello micro che macro, in considerazione della tipologia di misure disponibili e necessarie nel reale, nel fisico, per mitigare gli effetti della pandemia.
Quindi, seguendo una logica lineare, si potrebbe dire che Covid-19, nonostante le conseguenze deleterie di cui tutti avremmo fatto volentieri a meno, ha avuto almeno un effetto positivo, e cioè quello di far progredire la società verso una maggiore digitalizzazione e in tempi ridotti (in fretta).
Per i tecno-entusiasti, come chi scrive, che ravvedono nella digitalizzazione, generalizzando, un fattore di progresso sociale ciò dovrebbe essere motivo di contentezza: non è così, anzi.
In primo luogo i punti di partenza erano diversi nei diversi paesi. La digitalizzazione nel suo progredire ha bisogno di substrati di natura tecno-sociale senza i quali è impossibile forzarla. Se, per fare un esempio, in un paese da una parte non esiste il backbone per la larga banda e, dall’altra, gli analfabeti digitali sono quote rilevanti della popolazione, la fretta derivante dall’emergenza non sortisce nessun effetto: i tempi non sono comprimibili. Non traggano in inganno il numero di device/linee attivi perché essi rappresentano solo la penetrazione dovuta al marketing dei provider.
Avere internet a casa o in ufficio o sul cellulare, la quantità di banda fissa e mobile a disposizione e la sua distribuzione territoriale, la disponibilità di servizi digitali avanzati, essere consci di poterli utilizzare ed esserne capaci, sono tutti fattori con un proprie funzioni di sviluppo rapportate al tempo. Eccetto (in parte) l’acquisto (o la fornitura in emergenza) dei device tutti gli altri fattori non si possono comprimere in virtù della fretta e rimangono in essere, pandemia o non pandemia; ciò tanto più in quanto essi hanno una forte correlazione di sviluppo, quindi sono molto dipendenti uno dall’altro, per cui in ottica complessa la disfunzione temporale di uno arresta l’intero sistema.
Ancora più gravoso è il fatto per cui altre due variabili fondamentali del processo, la digitalizzazione della pubblica amministrazione e del tessuto produttivo, sono rigide rispetto la logica dell’urgenza. Esse sono la conseguenza di scelte strutturali, pluriennali, bipartisan e condivise tra élite pubbliche e private a cui la necessità del momento non può ovviare.
Anche i fenomeni di leapfrogging non sono d’aiuto: essi si sono sempre verificati, storicamente, quando alla base esisteva una struttura tecnica minima che li permettesse, servizi adatti al loro sviluppo progressivo e rapido, utenti che ne intuissero l’utilità e, soprattutto, teste pensanti che li guidassero.
Un conto quindi sono i parolai politici e privati che, a fronte dell’emergenza, promettono e un altro, invece, è la realtà del quotidiano con cui individui e aziende devono fare i conti in una situazione di criticità sociale ed economica.
Come esempi emblematici della situazione ne illustro, brevemente, alcuni che si è sono verificati nel mio paese, l’Italia; questo non perché mi fa piacere girare il dito nella piaga ma in quanto, penso, la tipologia di paese sia anch’essa emblematica.
Infatti da una parte ci si trova in presenza di una delle prime dieci economie del mondo (e una delle prime tre, prima della pandemia, anche per debito pubblico assoluto e pro-capite, ) e, dall’altra, la crescita è stagnate da più di vent’anni e il livello strutturale di socio-digitalizzazione è inferiore, considerando i diversi rank reperibili pubblicamente, a numerosi paesi emergenti e/o economie molto minori. Quindi un gigante con i piedi di argilla che assomma in se, in maniera concentrata e onnicomprensiva, molte delle carenze che sono presenti, in modalità frazionata, in altri paesi:
- il primo esempio, a livello macro-sociale il ruolo che i social network e dei big-one hanno rivestito nell’influenzare la pubblica opinione, nel bene e nel male, con riguardo l’aspetto sanitario e socio-economico. Il problema della pervasività digitale incontrollata di questi attori è noto e generalizzato da almeno 10 anni e nessuno, politicamente e per convenienza, se ne è mai occupato seriamente. Adesso che i buoi sono scappati (con riguardo fake-news, deplatforming, censure varie, teorie del complotto, sorveglianza massiva, eccetera) i discorsi sono molti ma le soluzioni tecniche di contenimento non ci sono e non possono essere improvvisate. La confusione generata nel tessuto sociale dall’infodemia ha provocato (socialmente) più danni della stessa emergenza, soprattutto in quei paesi caratterizzati da assenza di punti di riferimento, e/o della incapacità dei riferimenti di comunicare e/o dell’essere ritenuti credibili in ottica reputazionale o, semplicemente, di una coscienza diffusa della loro esistenza;
- il secondo esempio, sempre a livello macro, solo i sistemi bancari dei paesi ad medio-alta efficienza tecnologica sono stati in grado di far fronte alle caratteristiche di immediatezza richieste dagli interventi di sostegno all’economia. Nella maggior parte dei casi, Italia in testa, l’intermediazione del sistema bancario nei pagamenti diretti, nelle loro diverse forme, ai cittadini e alle imprese, si sono rivelate un disastro per due motivi: la logica bancaria è fare profitto, e quindi né aiutare le persone e tantomeno la digitalizzazione, e i governi non hanno alcun potere vincolante verso il sistema dei pagamenti demandato ai privati. A conferma il fatto per cui, a livello europeo, il decollo delle diverse progettualità CBDC è dovuto agli spauracchi di Libra di Facebook e della Cina, non alla richiesta di maggior efficienza derivante dall’emergenza pandemica;
- il terzo, in Italia e sempre per esempio, l’efficienza della pubblica amministrazione è peggiorata di diversi punti come conseguenza dello smart-working. Questo non perché si è incapaci di usare, o imparare a usare Zoom (oppure perché si dorme di più a casa di quanto si dorme in ufficio), ma perché gran parte degli archivi sono tuttora cartacei, nonostante le leggi quadro sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione risalgano al 1993 e al 2005. Non si tratta di avere a che fare con un Cigno Nero ma di cialtroneria politica e menefreghismo privato più che decennale;
- il quarto esempio Amazon, simpatica o non simpatica che sia, non è nata ieri: è un modello di business che si origina nel 1994 e raggiunse il pareggio di bilancio nel 2004, quindi rispettivamente circa più di 25 e 15 anni fa. Penso che anche per la più sgangherata della associazioni di categoria (quelle che riempiono i media con messaggi del tipo ‘ripartiamo assieme’ e ‘tutti uniti ce la facciamo’) questi tempi siano sufficienti anche solo per copiare, e tenere nel cassetto, un modello applicativo (non si sa mai se il vento gira e alcune certezze vengono meno), da poter insegnare ad applicare ai propri associati in tempi brevi. Mi vengono in mente le categorie più colpite (il dettaglio, il turismo, gli artigiani, la piccola ristorazione) in cui è solo il privato intraprendente che sta facendo la differenza, né i parolai di stato né quelli del corporativismo.
Questi sono esempi che, singolarmente o in combinazione parziale, si possono riscontrare in una moltitudine di paesi: in alcuni però si stanno sommando, concentrandosi e stanno dando luogo a effetti catastrofici in relazione all’emergenza.
La prospettiva più terribile, in quanto a scenario, è che i parolai sono sempre i medesimi, prima, durante e dopo la pandemia: essi stanno progettando l’utilizzo del recovery fund (e il nulla intellettuale ed empirico si sta evidenziando in tutto il suo essere) e, quel che è peggio, lo gestiranno.
Questa prospettiva, per assurdo, renderebbe preferibile non ricorrere ai fondi per non trasmettere inutilmente ulteriori montagne di debito alle generazioni future.
Quindi la pandemia è sì stato un calcio per il progredire della digitalizzazione dei paesi ma con una differenza: il calcio sarà di carattere virtuoso per i paesi anche solo moderatamente previdenti e retti (Francia, Germania,…per restare in Europa) in tema di politiche economico-sociali; sarà un ulteriore motivo di aumento del gap negativo per quelli (come l’Italia da 40 anni con riguardo la tematica) che nei fatti sono stati incapaci di andare oltre le parole per mancanza di competenza e di senso della collettività (ovvero di sistema paese) delle élite.
Il Calcio alla CryptoEconomy
La pandemia invece è stata una manna per la cryptoeconomy. In via analitica non lo è stato per l’intero settore ma specificatamente per il pioniere, il Bitcoin.
La chiave di svolta è stata solo una, e cioè la decisione da parte di grandi e medi investitori, anche non finanziari, di farne un asset di portafoglio e/o di tesoreria. Su queste decisioni la pandemia è stata fondamentale perché ha obbligato i detentori di fondi a trovare soluzioni inusuali di investimento a fronte a una situazione inusuale di criticità dei tradizionali beni rifugio.
Quindi il Bitcoin è stato sdoganato come asset speculativo a livello mondiale e la questione comporta un po’ di conseguenze. Anzitutto, visibile dai grafici, l’apprezzamento verso USD: è il primo dovuto a fattori di mercato reale e non, come i precedenti, a rumor riguardanti fattori corollario quali proibizioni/permissività normative e/o l’adozione come strumento di regolazione dei pagamenti da parte di qualche big di mercato.
La seconda, il Bitcoin cessa la propria utopia di moneta decentralizzata e alternativa per entrare, a tutto titolo, nella sfera della finanza tradizionale. La terza, di riflesso ne sta beneficiando l’intero settore, sia nel comparto crypto-monetario che applicativo: la qualità dell’attenzione per l’intero crypto-movimento si è alzata perché si è alzata la reputazione del Bitcoin in quanto asset.
Quindi la pandemia ha contribuito a dare un gran calcio in avanti alla cryptoeconomy che va ben oltre le quotazioni BTC/USD che si leggono in questi giorni.
Il Calcio (in faccia) alla Privacy
Sotto questo aspetto non è necessario dilungarsi. L’impellenza emergenziale se da una parte ha dato un impulso, diversamente articolato come prima visto, formidabile al processo di digitalizzazione nel contempo ha, senza molte differenze tra i paesi, necessariamente fatto abbassare la soglia del controllo su diritti umani digitali, di suo già molto bassa prima della pandemia.
Esempi territoriali come Singapore, Israele e l’ultima performance USA, con riguardo l’utilizzo governativo dei dati raccolti a fini pandemici per fini diversi, oppure il potere di censura e deplatforming dei social network o, ancora, la pervasività tentacolare di monopoli quali Amazon nel quotidiano di ciascuno sono la punta dell’iceberg per cui, senza alcuna garanzia e protezione, il singolo ha dovuto abdicare ai propri diritti per avere una possibile via di sopravvivenza non solo sanitaria ma anche sociale e lavorativa.
Il peggio deve ancora venire perché da una parte le normative non si sono adeguate, anzi in molti casi sono state by-passate in nome dell’emergenza, e le esatte conseguenze verranno alla luce, come al solito, a distanza di tempo e a opera dei diversi leak; dall’altra la condizione attuale sta predisponendo scenari, come per esempio l’introduzione di strumenti quali le CBDC e il passaporto sanitario, in assoluto positivi, funzionali e necessari ma devastanti per le libertà individuali se non progettati e gestiti, in questo senso, a dovere.