La Zoologia Delle Catastrofi…
…Piccola Guida Per Evitare le Bestialità Nelle Analisi

Cigni neri, grigi, bianchi e che si smacchiano: nell’ultimi due anni ho letto e sentito analisi in cui l’elegantissimo animale è stato colorato in tutte le maniere. Penso sia utile definire la questione non tanto per gli autori delle bestialità, non penso riusciranno a cogliere e rendersele utili nelle prossime esternazioni, quanto per chi le legge o le ascolta.
A Di cosa parliamo? Esclusivamente dell’impatto di un evento catastrofico nei confronti di un sistema, da quello composto dal singolo a quello sviluppato da organizzazioni in maniera diversamente articolata. L’indipendenza e/o le interazioni delle diversi parti che costituiscono il sistema qua non c’entra niente: per collocare l’evento nella zoologia delle catastrofi il fatto che il sistema sia complesso, complicato o lineare non ha importanza. Esso si verifica indipendentemente dal grado di complessità del sistema.
B Mentre per la definizione di ‘impatto’ è sufficiente il rimando a un qualsiasi dizionario, ‘evento catastrofico’ si presta a interpretazioni quali-quantitative. Mi sembra utile, in senso perimetrale e generalizzante, adottare la visione antropologica di Gianluca Ligi(1) per cui esso è:
“…una situazione estremamente critica che si produce nel momento in cui un agente potenzialmente distruttivo impatta con una determinata popolazione, la quale viene colta in condizioni di vulnerabilità fisicamente e socialmente prodotta”.
A differenza del verificarsi dell’evento il suo impatto è funzione della complessità sistemica. È ovvio che sia i diversi sotto-sistemi che i relativi diversi dominii a cui essi appartengono non solo possono reagire in maniera differente al verificarsi dell’evento ma, soprattutto, influenzarsi a vicenda.
E’ qui utile introdurre il concetto, attribuito a Bertrand Russell, del tacchino induttivista(2) per quale il giorno prima del Thanksgiving Day - o la vigilia di Natale nella versione originale, giorno in cui il tacchino viene macellato - l’evento catastrofico è subito in quanto tale solo dalla popolazione dei tacchini, non da quella dei macellai e neppure da quella, per esempio, delle galline.
CA cosa serve la zoologia delle catastrofi? È una maniera comoda e veloce di attribuire la figura di un animale emblematico, reale o mitologico, all’accadimento di un evento con impatto catastrofico. Quindi la costante è verificarsi della catastrofe. Le variabili sono due. La prima, l’ottica temporale rispetto il verificarsi: essa può essere storica o previsionale; la seconda, le tre tipologie di attori coinvolti: la popolazione che subisce l’evento, i decisori che decidono il da farsi, e cioè le politiche, per mitigare le conseguenze della catastrofe in capo alla popolazione di riferimento; gli analisti, che forniscono ai decisori gli strumenti per decidere se e come attuare le politiche. Va da sé che nel singolo individuo si concentrano i ruoli di popolazione e decisore.
DL’ ottica storica e il senno di poi. Nicholas Taleb(3) definisce ‘la prevedibilità retrospettiva’ come uno tre elementi definitori del Cigno Nero: si può estendere l’importanza del fattore a tutti gli animali del bestiario ma quale è l’utilità nel fare ciò? In ottica prospettica nessuna: se fosse presente qualche utilità in questa azione il 99,9% degli eventi catastrofici non sarebbero più tali perché la storia avrebbe insegnato ai decisori a dare loro il giusto peso e agli analisti a dare loro la giusta evidenza. Evidentemente però così non è quindi la prevedibilità retrospettiva è molto utile, con il senno di poi, alle comunità colpite dalle catastrofi, per fare piazza pulita dei decisori che non ne hanno tenuto corretto conto, e ai decisori, per eliminare gli analisti se essi non hanno svolto correttamente il loro lavoro.
E Causa ed effetto. Si tende a confondere l’evento con la causa scatenante che lo rende catastrofico, e cioè la sua mancata considerazione da parte del decisore o, addirittura, il suo riconoscimento da parte degli analisti. No, non è così: l’evento si verifica comunque. Il giorno del ringraziamento è un cigno nero per i tacchini ogni anno ma essi, per assurdo, non hanno né evidenza di ciò né, per esempio, sanno cosa mangiano le famiglie americane il giorno del ringraziamento. Mi è capitato di sentire analisti dire ‘ma come faccio a riconoscere un cigno nero’? Cambia lavoro, l’analisi non è per te.
F ‘Cinquanta Sfumature di Nero’ è un film (brutto e sequel di quello, pure brutto, in cui il colore delle sfumature era il grigio) e con il cigno nero associato alle catastrofi non c’entra niente. Il cigno è nero o bianco ma non si scolora né si trasforma. Nero=catastrofe, Bianco=vantaggio dalla catastrofe: stop. Nicholas Taleb(4) in effetti parla di ‘cigni grigi’ nel suo libro ma a proposito di alcune classi di eventi modellabili e, quindi, rilevabili per tipologia secondo la teoria della casualità frattale di Mandelbrot: altra storia.
G Il bestiario delle catastrofi può essere riassunto nella seguente tabella. Due incisi: il primo, la probabilità di verificarsi è assoluta non riferita ad una distribuzione particolare; il secondo, l’animale cigno-nero è stato diviso in due solo in funzione del comportamento degli analisti e dei decisori: esso è unico per la comunità che subisce l’evento.

H-Il Dragone Reale. Sono gli eventi catastrofici che mai si sono verificati in precedenza e per i quali non esistono evidenze si possano verificare in futuro: la loro probabilità è uguale a zero. Un buon esempio sono gli extraterrestri che domani atterrino nel prato della Casa Bianca, così come lo fu Hernan Cortés, quando nel 1519 sbarcò in Messico, per gli indigeni Aztechi convinti di essere il solo popolo al mondo.
I-Il Cigno Nero. Hanno una probabilità di verificarsi molto bassa: se si ragiona in termini di distribuzione gaussiana il posizionamento è nelle codine. Gli analisti se sanno fare il loro lavoro sono in grado di evidenziarli ai decisori i quali, se non ne tengono il giusto conto, incorrono nel peccato mortale di sottovalutazione (o di ignorarli): mortale perché a causa della stupidità insita in questo comportamento le conseguenze sono tutte a carico della collettività che li subisce.
J-Il Rinoceronte Grigio. La probabilità che si verifichino è medio-alta, gli analisti evidenziano l’evento ma il decisore trascura lo scenario e non attua politiche adeguate. È uno stato inerziale, introdotto a Davos da Michele Wucker(5) nel 2013, che si può rappresentare metaforicamente anche come un treno che vedi ti sta arrivando in faccia ma non riesci a spostarti perché non possiedi informazioni sufficienti per farlo. Molti dei supposti cigni neri si possono riclassificare come rinoceronti grigi in virtù del fatto che gli analisti non sono stati in grado di fornire al decisore elementi corretti sull’impatto oppure fornire loro la conoscenza necessaria per essere in grado di valutare gli elementi prodotti.
K-L’Elefante Bianco. In questa categoria della zoologia delle catastrofi tutto è molto semplice. Gli analisti fanno il loro lavoro ma il decisore decide scientemente di ignorare la potenziale catastrofe.
Quindi lo scatenarsi di attribuzioni zoologiche in seguito all’evento COVID-19 come può essere ricondotto a una logica utile a fini storici, e cioè di giudizio sull’operato dei decisori?
Dal punto di vista epidemiologico generale, e senza entrare in un contesto di riferimenti scientifici specifici e/o di think-thank che professionalmente si occupano di catastrofi, David Quammen pubblicò Spillover(6) nel 2012: chi l’ha letto prima del 2020, quando era già stato tradotto nelle principali lingue, non può non essere d’accordo che l’animale corretto per l’evento è l’elefante bianco.
Dal punto di vista dei sistemi complessi — dei loro sotto-sistemi, dei domini di riferimento e delle interazioni — il giudizio è per forza diverso per categoria di articolazione. Per i micro-sottosistemi, quali quelli individuali e/o famigliari e/o collettività ristrette, così come dominii specifici, come per esempio determinati settori di attività pubblica e privata, quali i trasporti pubblici e/o il turismo, si può parlare di dragoni reali. Questo non perché il verificarsi pandemico avesse probabilità di verificarsi pari a zero ma in virtù del fatto che non era compito, per queste classi sotto-sistemiche, degli analisti prevederlo e dei decisori attuare politiche utili allo scopo.
A livello di stati e di macro-sotto-sistemi, come il sanitario, il sociale, il welfare, si può affermare, naturalmente generalizzando, di essere in presenza di rinoceronti grigi. C’erano le evidenze sia per poter fornire analisi che per ipotizzare politiche di mitigazione che, evidentemente, non sono state prese in considerazione e di cui, in molti casi, non si era neppure consapevoli.
Ritornando all’esempio del tacchino, per cui la catastrofe che subisce non è condivisa dalle galline, e andando oltre il verificarsi di eventi ad impatto generalizzato, è utile tenere presente che i disastri a livello di microsistema, per esempio aziendale e/o personale, variano nella frequenza di accadimento ma non nel verificarsi, come la quotidianità insegna. Anche se non si è analisti aver presente quali sono i propri cigni neri o, alternativamente, capire se si stanno affrontando delle situazioni in ottica di rinoceronte grigio o elefante bianco, è utile. L’efficacia dell’esercizio non è tanto quella di predisporre contromisure, il più delle volte non siamo in grado o non abbiamo mezzi sufficienti per farlo, quanto piuttosto quello di riconoscere quali sono i bias che condizionano il nostro punto di vista e prepararci, almeno dal lato delle emozioni, ad affrontare situazioni avverse.
Nel prossimo post proverò a venire a capo su un altro concetto abusato e usato il più delle volte a sproposito, la resilienza.
(1) Gianluca Ligi, 2009, Antropologia dei disastri, Editori Laterza, Roma-Bari
(2) https://it.wikipedia.org/wiki/Tacchino_induttivista#cite_note-Che_cos'%C3%A8_questa_scienza?-1
(3) https://www.nytimes.com/2007/04/22/books/chapters/0422-1st-tale.html
(4) Nassim Nicholas Taleb, Il Cigno Nero, 2008, Il Saggiatore
(6) David Quammen, Spillover: Animal Infections and the Next Human Pandemic, 2012, W. W. Norton